venerdì 25 novembre 2011

Divenire

Eccoti qua.
Potresti anche non esserci, ma di nuovo ci sono le note di un piano e una canzone sussurra di te.
Un gatto bianco e nero mi passa davanti e annusa per un attimo l’aria che viene dal mare. Gli si arruffa il pelo. E fa freddo, pare dire guardandomi…poi se ne va a passo lento. Resto solo su una spiaggia attraversata dal vento di gennaio.
Tu tenevi in braccio un gattino bianco e nero, sì. Una vecchia foto dove sorridevi. Tu mi fai male e le mie sconfitte sono segnali stradali su un antico casello d’autostrada in disuso. Chissà cosa è diventato quel gattino ora e come sei tu. Chissà come sono i ricordi che non avrò mai, tutti quei quadri che volevi dipingere, tutti quei racconti da scrivere e tutte quelle carezze.
Ricordi questa spiaggia e questo freddo, questo bisbigliare delle onde e il tuo sorriso che non m’illuminava? Le pagine di libri impossibili che non riuscivamo a girare, i viali grigi e una bicicletta che passava. L’amore che scorreva nelle vene e il telefono che non suonava più. Si accendevano lampioni lontani, sulla strada della costa, ed il faro lampeggiava. Erano tempi diversi.
Tu mi fai male, e non lo sai. Ricordi il freddo che ci avvolgeva e quell’assenza di parole che ci aveva accompagnato per tutto il giorno? Il mondo era in pausa, e le note di un film stonato giravano lentamente sugli schermi di un ristorante con le sedie consumate. Dove qualcuno era stato, comunque, felice. Dove forse qualcuno aveva amato.
Temevo la distanza tra di noi, più della pioggia dell’inverno, il tuo ombrello che si apriva, e il non vederti più. Seguivo le tue tracce e la tua espressione, come un bambino cerca l’arcobaleno dopo il temporale. I fari di un’auto illuminavano altrove e tu seguivi con lo sguardo pensieri nascosti.
Nella piccola casa vicino al mare hai poi sorriso. Un fuoco acceso, il profumo di caffè in cucina, il silenzio è diventato pace e la distanza è svanita. Un maglione che era mio e nient’altro indosso, tu, curiosa di me, le tue gambe nude sul divano, la mia fame di te e di colpo nessun pensiero, un fiume che scorre, una corsa a perdifiato, un tuffo nell’azzurro, tutti i colori ed i desideri che rivivono, le ansie, le tue mani e le mie,  i baci e la soddisfazione di una lunga corsa per arrivare lassù, dove per un attimo non si è soli.
E il gusto di te.
Le vicende di un romanzo impossibile. Il colpo di scena che il regista non ha letto nella sceneggiatura. Tu mi fai male. E chissà se quel gatto lo sa, e se star qui, a guardare queste onde, ha senso, e se queste panchine sono la fine di qualcosa che non è mai diventato mio.

venerdì 18 novembre 2011

Sbavature

- Stai sbavando sui miei piedi
- Ma se sono qua seduto al computer, alludi forse a qualcosa in particolare?
- Alludo.
- Si, beh, comunque non è esatto, non sto sbavando solo sui tuoi piedi, ma anche sulle tue gambe e sul tuo culetto.
- Smettila!
- Di far che?
- Sei incorreggibile, impossibile, oh cazzo, abbiamo fatto l’amore tutta la notte.
- Beh non sono io che ho indossato il mio maglione ma tu, ed il punto è che hai indossato solo quello, Vale, eppoi a dirla tutta sto sbavando anche sulle tue labbra, sul tuo collo, sul tuo seno, eheheheh.
- Smettila, cazzo, basta. Dio! Pensi sempre alle stesse cose. Siamo chiusi in questo appartamento da otto giorni, abbiamo fatto l’amore e mangiato, mangiato, dormito e fatto l’amore, abbiamo sperimentato un intero kamasutra, cosa che farebbe la gioia di ogni sessuologo, insomma abbiamo scopato in continuazione, oltre a mangiare e dormire.
- Non è del tutto precisa come descrizione, io ogni tanto mi sono collegato a internet per scaricare le foto e leggermi le mail, e tu hai letto qualche rivista.
- Si vabbeh, Fabri, dio questa tua precisione, sei fissato, dai usciamo a prendere un po’ d’aria, su..


Fabrizio si avvicina alla finestra, un sole forte batte sulla persiana socchiusa e lui ha in mente il riff di sunshine of your love, suonato da Clapton, live. Mah chissà perché, non va così bene come aveva pensato, o sperato, erano chiusi in casa, due stanze con bagno, da otto giorni di seguito. Avevano fatto la spesa a sufficienza per molto più di quel tempo e scorta di sigarette..
Lui cucinava e lei faceva i piatti.
Andavano a letto. Ed era estate, caldo umido e pesante, e dall’unica finestra aperta sulla stretta corte rimbombava ogni parola, ogni sospiro, ogni sussurro. E salivano amplificati ai piani superiori,  entravano in tutte le finestre, rovesciandosi sui pudori del vicinato.
Avevano giocato con i loro corpi e con l’immaginazione. A Fabrizio piace farsi le fotografie e piace l’atmosfera, quel bianco e nero sgranato in luce sporca, secondo la moda dell’epoca.
Ora, quella discussione con Valeria, forse inevitabile, forse inutile, di certo difficile, minaccia di andare avanti a lungo. Ma lei ama discutere. Le donne discutono sempre.
Fabrizio fissa un punto indefinito e sta per dire qualcosa, quando bussano alla porta.
Un tizio, in avanti con gli anni, si presenta sulla soglia.
- Scusate, quei rumori.
- Quali rumori?
- Quelli. – risponde il vecchio con un gesto vago della mano e una più definita espressione di disgusto.
- Ma quali?
- Sapete, si sente tutto.
- Tutto?
- Sì tutto - conclude il tizio, che odora un po’ di naftalina, pastina e cavolo lesso.
Poi fa dietrofront e se ne va. Fabrizio chiude la porta. Un brivido di nervoso gli scuote un braccio. Improvvisamente a Vale si inumidiscono gli occhi di pianto, corre in bagno e si chiude dentro.
Lasciano la casa il giorno dopo e, mentre sono indaffarati a caricare la macchina con la poca roba che hanno, dalla finestra del secondo piano un viso maschile li osserva attraverso i vetri non perfettamente puliti. Lui, il vecchio.
Fabrizio alza la mano in un gesto di saluto, d’istinto e il viso immediatamente si ritrae, scompare.
Più che sdegnato, pensa Fabrizio, è come se stesse cercando di non ricordare troppo. Invidia o nostalgia. Ecco, forse era quello, invidia e nostalgia.


Mette in moto e chiude la portiera ma Valeria non sale
- Ci vediamo - dice senza sorridere. Distoglie lo sguardo, mette lo zaino in spalla e si incammina lungo muro.
Lui la guarda andarsene e non ci può credere.
Vuole gridarle qualcosa ma cosa?
Valeria allunga il passo e  prima di voltare l’angolo si gira a sorridergli e con la mano apre le cinque dita tese e chiude il pugno, più volte.
Paura, eh? Poi si fa una gran risata e sparisce dietro l’angolo.
Meno male, pensa Fabrizio con sollievo, in fondo poteva considerarla solo una piccola sbavatura.

lunedì 10 ottobre 2011

STORIA CONTEMPORANEA n.84: Notte italiana. Sergio Paoli, “Ladro di sogni. Storia noir di una Milano marginale”

Notte italiana. Sergio Paoli, Ladro di sogni. Storia noir di una Milano marginale, Genova, Fratelli Frilli Editori, 2009


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di Giuseppe Panella*


Anche con questo noir di Sergio Paoli siamo sempre all’interno della “notte e nebbia” della storia italiana di sempre – fatta di servizi segreti, di razzismo esplicito ed eterodiretto, di morte, di pedofilia, di dolore… La Milano di cui si parla nel romanzo, tuttavia, è solo apparentemente marginale. E’ al centro, invece, di un esperimento politico di governo che vede la sicurezza al centro di un dispositivo di controllo generale....


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(*)
Giuseppe Panella è nato a Benevento l’8/3/1955. Si è laureato in Storia della Filosofia presso la Scuola Normale Superiore di Pisa dove attualmente insegna. Si è occupato di filosofia politica e storia del pensiero politico (su questi temi ha pubblicato un’edizione degli scritti di Robert Michels, Socialismo e fascismo (1925-1934), Milano, Giuffré, 1991), di teoria e storia dell’estetica (ha curato la Lettera sugli spettacoli di Jean Jacques Rousseau per Aesthetica Edizioni di Palermo e Il paradosso sull’attore di Denis Diderot per La Vita Felice di Milano; di particolare importanza il suo “Elogio della lentezza. Etica ed estetica in Paul Valéry”, in aa.vv. Paul Valéry e l’estetica della poiesis, a cura di M.T.Giaveri, Aesthetica Preprints 23, Palermo, 1989).
I suoi interessi teorici si sono successivamente spostati sullo studio della nozione di Sublime dal legato longiniano classico ai suoi sviluppi otto-novecenteschi (su cui ha scritto, in collaborazione con F.-Walter Lupi, un libro dal titolo Del Sublime, Frosinone, DismisuraTesti, 1992 e Il Sublime e la prosa. Nove proposte di analisi letteraria, Firenze, Clinamen, 2005). Più recentemente è passato ad occuparsi di teoria della letteratura (tre saggi sulla rivista “Il Notes Magico” negli ultimi tre anni) e di filosofia del romanzo moderno (cfr. l’edizione del romanzo Jcosameron di Giacomo Casanova, scelta e introduzione a cura di Giuseppe Panella, Milano, La Vita Felice, 2002) e i volumi monografici: Alberto Arbasino, Firenze, Cadmo, 2004, Lo scrittore nel tempo. Friedrich Dürrenmatt e la poetica della responsabilità umana, Chieti, Solfanelli, 2005 e Il lascito Foucault (in collaborazione con Giovanni Spena), Firenze, Clinamen, 2006.
Come poeta, ha pubblicato otto volumi di poesia, tra i quali Il terzo amante di Lucrezia Buti (Firenze, Polistampa, 2000) ha vinto il Fiorino d’oro del Premio Firenze dell’anno successivo.
Ha inoltre realizzato in collaborazione con David Ballerini due documentari d’arte, La leggenda di Filippo Lippi, pittore a Prato (2000) (trasmesso su Rai2 l’anno dopo) e Il giorno della fiera. Racconti e percorsi in provincia di Prato (2002).
Legge e si occupa di fantascienza da quando ha l’età della ragione. Fisicamente assomiglia a Stanley Kubrick da vivo.