mercoledì 6 ottobre 2010

Da MONZA DELLE DELIZIE, cap. 21-

Marini entrò nell’appartamento in fiamme.Il calore era fortissimo, ma pensò che poteva farcela a resistere per qualche minuto. Alcune travi erano cadute in mezzo a quella che sembrava essere stata una sala, dove bruciavano tende, mobilio, infissi e divani. A destra, nel piccolo atrio, vide un bagnetto. Entrò e aprì l’acqua, cercando di bagnarsi dappertutto il più in fretta possibile. Poi tornò nell’ingresso: lì si apriva un’altra stanza, oltre al passaggio per il salotto. Sentì un forte tonfo, seguito da un rumore a cascata di materiale. Il tetto stava cedendo.Entrò nell’altra stanza, che era un piccolo studio. Il calore aveva fatto prendere fuoco agli infissi, ma si poteva passare. Aprì i cassetti della scrivania, e prese tutti i fogli che riuscì a trovare. Sentì un forte scricchiolio dal soffitto.Cadde gattoni sul pavimento, tossendo, con i fogli in mano. Il pavimento, in parquet, scottava e la gamba destra non rispondeva più ai comandi del suo cervello.Vide una borsa nera in pelle e l’afferrò. Dall’alto cadde una trave che precipitò sulla scrivania.Marini si trascinò carponi nell’ingresso dell’appartamento,con i fogli e la borsa in mano.
Il caldo era insopportabile.
Vide le lingue di fuoco che avanzavano dalla sala e sentì un colpo sordo, ancora più forte di prima. Mancava meno di mezzo metro alla porta ma non aveva più la forza di rialzarsi e continuò a trascinarsi. Pensò per un attimo a Valeria, e a come sarebbe stato buffo morire senza rivederla più. Trovò pure ridicolo chel’unica parola che gli fosse venuta per descrivere la sua morte fosse “buffo”.
Poi sentì un assordante rumore di vetri infranti e un frastuono, come uno scroscio. Cercò di mettere i fogli nella borsa e la gettò fuori dalla porta, o pensò di averlo fatto. Continuò a spostarsi, ma non riusciva più a respirare.Sentì di avere il petto otturato da qualcosa che impediva all’aria di entrare. Gli sembrò di avere i piedi in fiamme.
Sto bruciando vivo. Tra poco sarò un pezzo di carbone.
Lo scroscio era sempre più fragoroso. Fece ancora uno sforzo per muoversi, infine svenne, a pochi centimetri dall’uscita sul pianerottolo.
L’ultima cosa che riuscì a pensare era che desiderava dell’acqua, un lago d’acqua, un mare, un oceano d’acqua fresca.

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